Strategia Ceres. Marketing geniale, sdegno vero o impegno sociale?

Logo CeresNon succede così spesso che un brand riesca a sfruttare a pieno le potenzialità offerte dai social media con una strategia comunicativa così efficace. Non è forse noto a tutti gli internauti cosa si vuole intendere per “strategia Ceres”. Niente paura, l’obiettivo del presente contributo è esattamente quello di indagare attorno all’ argomento che tanto scatena creativi, social media managers e marketers.

 

La prima birra Ceres viene prodotta nel Dicembre 1856, nella regione dello Jutland. Il fondatore scelse il nome Ceres per onorare la dea della fertilità, Cerere.
Dal 1940 il birrificio iniziò un’intensa attività di modernizzazione e dagli anni Settanta una serie di successive fusioni portarono alla nascita di un grande gruppo produttivo.
Ceres S.p.a. – filiale italiana del gruppo Royal Unibrew, secondo produttore di birra in Danimarca e uno dei maggiori a livello europeo- ha sede a Genova.

Il brand si è contraddistinto per l’originalità con cui da sempre dialoga con il mercato: dalle campagne pubblicitarie degli anni 90 in cui in un fiume di birra straripava portando ilarità e felicità per le strade delle città -risvegliando gli animi assopiti davanti al televisore- alle campagne “street art” realizzate nelle città di Torino e Napoli negli anni più recenti, lo stile underground della Ceres nel tempo è andato via via affermandosi, tanto che ad oggi è facilmente riconoscibile.

Ceres si rivolge ad un target giovanile, ribelle ed irriverente. Negli anni il brand ha però messo in atto un processo di ripensamento per rendere la propria strategia sempre più avvincente ed aderente ai tempi, mettendo in atto un’attenta operazione di riposizionamento del prodotto nel mercato.

Per quel che riguarda il contesto italiano, questa esigenza ha comportato la realizzazione di una partnership con BCube ovvero l’agenzia pubblicitaria- con sede a Milano- che si occupa da tempi recenti della comunicazione digitale per il brand danese.
Il successo di questa operazione di real time marketing– perfettamente riuscita- non deve pertanto essere attribuito in esclusiva al brand.
Giochi tattici, campagne unconvetional, utilizzo della tecnica del real-time marketing (anche detto “reactvertising“) e del viral marketing, sono solo alcuni degli elementi che caratterizzano la tattica BCube e che hanno consentito al brand di realizzare un coraggioso dialogo con il mercato. Il successo di questa operazione va pertanto attribuito al coordinamento ed al perfetto parallelismo che si è instaurato nel tempo tra la strategia aziendale e la digital strategy dell’agenzia milanese. BCube con una comunicazione decisa, ironica, irriverente e dissacrante ha fatto di Ceres un competitor di tutto rispetto, facendo del real time marketing la propria punta di diamante. Se nel marketing il successo di un brand passa attraverso la fidelizzazione del cliente e la creazione di una community, Ceres in questo è senza ombra di dubbio un’eccellenza: la campagna #civuoleuneroe promossa nel 2013 che invitava a lanciare l’hashtag “non per cambiare il mondo ma perché potesse fungere da sfogo ed allo stesso tempo da fuga dalla routine”-così come dichiarato dai creativi Ceres- rappresenta l’esempio più riuscito.

Ma cosa si intende realmente per real time marketing? Tale strategia rappresenta la capacità di un brand di intercettare nella quotidianità una situazione o un evento in grado di generare un forte engagement: attirando l’attenzione delle audience pubbliche, favorendo partecipazione e suscitando interesse attraverso il “word of mouth”, si crea viralità e quindi di conseguenza tutto ciò è in grado di generare il successo del brand e di incidere positivamente sulla sua popolarità. In un contesto in cui i social network regnano sovrani e sottopongono i potenziali clienti ad un costante overload comunicativo, tutto ciò può fare la differenza.
La strategia del real time marketing viene utilizzata per la prima volta dal brand Oreo, il 13 febbraio 2013 quando un black out paralizzò per alcuni secondi l’evento sportivo più importante degli Stati Uniti d’America, il Super Bowl. Il lancio di un’immagine su Twitter raffigurante un biscotto ed il claim “ you can still dunk in the dark” divenne così un fenomeno virale: consacrando un modo innovativo di fare pubblicità ed effettuando un balzo in avanti rispetto al metodo tradizionale -soprattutto in termini di interattività con il pubblico e velocità di trasmissione- ed operando una vera e propria rivoluzione.
In Italia il primo importante evento che segnala la volontà di procedere in questo senso, arriva durante i mondiali di calcio 2014. Durante la partita Italia-Paraguay, il giocatore Suarez morde la spalla di Chiellini: passano solo pochi minuti e la rete viene letteralmente invasa dalle reazioni di alcuni brand.

Ma torniamo per un momento a parlare di Ceres. Quella messa in atto, rappresenta una strategia di storytelling ben pianificata. La forte personalità del brand è l’elemento fondamentale che ha permesso a Ceres di far parlare di sé sfruttando a proprio favore i diversi temi che lottano per accreditarsi l’attenzione nelle arene pubbliche. E’ il caso della campagna lanciata il 1 Aprile 2015, giorno in cui Ceres ha messo in moto una potente macchina organizzativa che si è occupata della distribuzione di birre ai lavoratori di Expo 2015. Ad un mese esatto dall’inaugurazione dell’Esposizione Universale di Milano, i lavori di costruzione della struttura che avrebbe ospitato i vari padiglioni- non sono ancora terminati. Ceres approfitta dell’occasione e sfruttando un tema che divide l’opinione pubblica, realizza una perfetta operazione di sponsorizzazione del brand.

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Soltanto la settimana precedente Ceres aveva scatenato non poche critiche intervenendo sul caso dell’assoluzione dell’ex premier Silvio Berlusconi, quando cioè attraverso un’abile operazione di instant marketing aveva lanciato l’hashtag “allora Ceres è analcolica”.  Se è vero che nella comunicazione oltre al messaggio si trasmette anche un supplemento di anima, Ceres nel tempo ha trasmesso parte della propria cultura d’impresa. Alle volte lo ha fatto appoggiando campagne di interesse sociale –come è accaduto per Roma Pride 2015 #noalleetichette– altre volte invece intervenendo a gamba tesa su episodi che hanno scosso l’opinione pubblica come nel caso della devastazione della Barcaccia del Bernini.

campagne Ceres

Ceres non si lascia sfuggire nulla, ma proprio nulla! Di recente è persino intervenuta sulla vicenda dello scandalo Volkswagen  e sulla vicenda delle Veneri capitoline “velate” in occasione della visita ufficiale del presidente iraniano Rouhani, ribadendo con sarcasmo ed ironia la propria originalità.

Vicenda Veneri Capitoline velate Non è chiaro se ciò debba considerarsi “marketing geniale” o molto più semplicemente “sdegno vero” o addirittura in alcuni casi “impegno sociale”. Usando una metafora calcistica per restituire concretezza ed immediatezza al messaggio che si vuole trasmettere, possiamo sostenere che -almeno per quanto riguarda il nostro paese- Ceres è la capolista e gli altri brand fanno i compiti a casa, attrezzandosi per percorrere il sentiero inedito tracciato dal brand danese. Divide l’opinione pubblica e alimenta i rumors nel settore ma un dato è certo: ad oggi, Ceres c’è e non sbaglia un colpo!

Credits Photo: Ceres Facebook Official Page

 

Francesca Conte

2 pensieri su “Strategia Ceres. Marketing geniale, sdegno vero o impegno sociale?

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