Università: è lotta contro tasso di abbandoni

In Italia ancora alto il numero di studenti universitari che rinunciano alla carriera accademica. Le cause sono molteplici, ma ci si sta muovendo nella direzione giusta anche grazie ai finanziamenti del PNRR

Secondo le stime più recenti, in Italia si contano ben oltre un milione e mezzo di iscritti all’università, cioè circa il 27% della popolazione di età compresa fra i 19 e i 35 anni. Se questo è già di per sé un dato ottimale, lo diventa ancor di più considerando che gli alunni universitari del Bel Paese costituiscono quasi l’11% del totale degli studenti occupati nell’educazione terziaria a livello europeo. Nella classifica dell’EU-27, dunque, ci posizioniamo al quarto posto, subito dopo colossi come la Germania, il Paese più popoloso del Unione Europea, e la Francia. Tuttavia, dietro questi dati si nasconde un aspetto non poco preoccupante: infatti, poco meno di 1 su 5 raggiungono il traguardo della laurea. Se aggiungiamo a ciò il fatto che l’Italia si trova in penultima posizione in Europa per numero di laureati fra i 30 e i 34 anni (con un punteggio percentuale di appena 27.8, contro il 40% della media e obiettivo dell’EU-27 per l’anno 2020), il quadro diventa ancora più cupo. A cosa si deve questa disparità fra il numero di alunni immatricolati e il numero dei laureati? 

La risposta è facilmente individuabile nell’alto tasso di abbandoni, che secondo il più recente rapporto Eurostat interessa ben 7 studenti su 10. Questo dato è in linea con le stime di Almalaurea relative alla rinuncia agli studi dopo il primo anno che, nell’a.a 2015/16, nel nostro Paese riguardavano ben il 25% degli studenti universitari[1]. Calcoli più attuali rivelano che nell’intero territorio europeo sono oltre 2 milioni gli studenti che si sono allontanati dal percorso formativo terziario, molti dei quali di nazionalità italiana. 

La situazione non è delle più rosee, ma è possibile porvi rimedio una volta determinate le cause che l’hanno generata.

Parte del problema ha inizio ben prima di immatricolarsi ad un qualsiasi ateneo. Una ricerca del CiSia[2] riferisce, infatti, che per quasi 3 studenti su 4 la scelta del percorso di studi una volta conclusa l’educazione superiore di secondo grado viene fatta frettolosamente all’ultimo anno o addirittura dopo l’esame di maturità. A peggiorare il tutto, spesso la scelta è influenzata da genitori e amici e solo in ultimo dai professori. La mancanza di programmi di orientamento efficienti è dunque una componente fondamentale del fenomeno dell’abbandono della carriera; senza solide basi motivazionali o d’interesse, l’insorgere di insoddisfazione già nei primi semestri di università sembra essere una conseguenza molto comune.

A detta di uno studio condotto a livello internazionale da Sodexo nel 2018, in Italia quasi uno studente su 2 (46%) è scontento della propria carriera accademica e poco meno di 2 su 5 (il 36%) ha preso in considerazione l’idea di rinunciare agli studi. Fra i motivi di insoddisfazione più comuni, il 51% ha denunciato lo smodato carico di lavoro, mentre oltre 2 studenti su 5 hanno evidenziato l’impossibilità di conciliare studio, vita privata e impiego, oltre alla paura di non trovare un’occupazione dopo la laurea. Ultimo, ma non per importanza, è il fattore economico, che è fonte di preoccupazione per quasi la metà degli intervistati. Molti studenti temono di non riuscire a sostenere le spese universitarie e, al contempo, lamentano la penuria di aiuti considerevoli da parte dell’ateneo di provenienza. Anche per coloro che hanno pensato di abbandonare la carriera universitaria spiccano fra le ragioni problemi legati allo studio e/o di carattere finanziario e situazioni negative collegate alla vita sociale, come un crescente senso di solitudine, perdita di motivazione, senso di inadeguatezza e ansia da prestazione. E la situazione potrebbe peggiorare ulteriormente.

Considerando il periodo storico in cui ci troviamo, è semplicissimo immaginare quali conseguenze la pandemia potrebbe portare per i percorsi accademici degli iscritti ad un istituto di educazione terziaria. I primi effetti sono già stati documentati in diverse parti del mondo e le conclusioni sono molto simili[3]: il coronavirus e le misure che si sono dovute adottare per contrastarlo hanno avuto un impatto decisamente negativo tanto sullo studio quanto sulla vita, accademica e non. Le lezioni si rivelano spesso più difficili da seguire e la qualità dell’insegnamento secondo la percezioni di molto tende ad abbassarsi, mentre la preparazione richiesta in sede d’esame è rimasta invariata. La crisi sanitaria ha anche esacerbato – e di molto – le problematiche legate alla salute mentale, parte della sanità pubblica che tuttora viene poco considerata. 

Fortunatamente, i vertici di tutta Europa hanno dedicato le loro attenzioni a tali questioni, arrivando a delineare una serie di strategie utili a eliminare alla radice il problema dell’abbandono universitario. Oltre ad elargire stanziamenti tempestivi per consentire agli studenti in difficoltà di proseguire gli studi, è necessario operare su più fronti per poter ridurre il numero di rinunciatari, potenziando innanzitutto il sistema di programmi orientativi e di tutoraggio – finora lasciati completamente all’autonomia dei singoli atenei – e consolidando così il rapporto fra studenti, università e scuole di secondo grado. Questa soluzione è già parte del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che a partire dal 2022 conta di investire 250 milioni nell’attivazione di 50mila corsi per gli studenti delle superiori e nella firma di 6000 accordi fra istituti secondari e terziari. L’obiettivo è rendere tale provvedimento costituente, in modo da trasformare l’orientamento in un caposaldo nel mondo dell’istruzione, più che in una semplice politica di reclutamento.

Sempre al fine d’incentivare la prosecuzione degli studi, il PNRR prevede un ulteriore investimento miliardario per rafforzare gli Its-Academy, istituti di educazione terziaria incentrati sul panorama aziendale che offrono un diploma alternativo alla classica laurea. Offrendo più opzioni e chiarendone scopi e benefici, si punta dunque a sciogliere parte dei nodi che causano l’alto tasso di abbandoni. Non di secondaria importanza sono poi le linee guida dettate dalla Commissione Europea, che definisce l’allontanamento dagli studi come un “ostacolo per la crescita economica e l’occupazione”. Come riportato in una scheda tematica dedicata, il Consiglio indica l’imprescindibile importanza di attuare strategie coerenti, globali e, soprattutto, basate sull’osservazione di dati concreti e attuali. Fondamentali anche misure di prevenzione, intervento e compensazione, affinché tutti gli studenti ricevano la possibilità e la giusta motivazione per proseguire la carriera accademica. A questo scopo, la Commissione consiglia il rinforzamento dei progetti che accostano istruzione ed esperienza sul campo, così come la collaborazione fra parti sociali, erogatori d’istruzione e autorità. Ma il Bel Paese ha ancora molto da imparare. Resta da affrontare il problema della salute mentale, strettamente correlato al tasso di abbandoni, eppure ancora largamente trascurato. Si potrebbe prendere esempio dal governo Australiano, che a giugno 2020, in piena pandemia, ha reso nota un’indagine condotta ad hoc e che suggerisce fortemente di irrobustire la rete di servizi di consulenza tanto on linea quanto offline, investendo sia nell’istruzione sia nella creazione di piani di prevenzione e cura pensati apposta per gli universitari.

In conclusione, la strada verso la riduzione del numero di coloro che scelgono di non proseguire nella propria carriera accademica è ancora lunga e accidentata. Diversi sono gli ostacoli da considerare e non sarà semplice delineare un progetto che possa funzionare per tutti al 100%. Ciononostante, l’Italia e l’Europa tutta si stanno muovendo nella giusta direzione, ponendo l’attenzione sulle generazioni future e sull’importanza strategica della loro istruzione. Il piano di investimenti proposto dal PNRR potrebbe giocare un ruolo fondamentale nella formazione e nel successo delle matricole del futuro e, per riflesso, nella ripresa dell’economia dell’intera nazione. Non ci resta che aspettare e vedere dove porteranno queste linee d’azione, nella speranza che la possibilità di studiare venga resa sempre più concreta e facilmente raggiungibile per gli alunni di tutta Italia.

A cura di Martina Bernardini

Sitografia


[1] Questo numero raggruppa gli abbandoni di studenti di primo livello, di livello magistrale a ciclo unico e magistrali biennali.

[2] Consorzio Interuniversitario Sistemi Integrati per l’Accesso. Tale ricerca verrà pubblicata per intero nel mese di Ottobre 2021.

[3] Per ulteriori informazioni e articoli interessanti circa l’effetto del COVID-19 sul tasso di abbandono universitario nel mondo, consiglio di visitare questo link del sito web University World New.com 


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