Europa sul sofà: l’Unione Europea e il mondo, intervista a Federica Mogherini

Il 29 maggio si è tenuto l’ultimo incontro di Europa sul Sofà, format ideato all’interno del ciclo di incontri “Verso la Conferenza sul futuro dell’Europa”, promossi dal Punto Europa Forlì. Giuliana Laschi e Sonia Lucarelli, entrambe parte del comitato scientifico del Punto Europa di Forlì e docenti dell’Università di Bologna, hanno incontrato Federica Mogherini, rettore del Collegio d’Europa, alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell’Ue e vicepresidente della Commissione europea nel periodo 2014-2019. Durante l’incontro si è discusso del ruolo dell’Unione Europea sul piano internazionale e del perché sembra che non riesca a fare di più in tema di politica estera. Proviamo a ripercorrere insieme i punti salienti.

La professoressa Lucarelli inizia l’intervista chiedendo quale fosse la valutazione della Strategia Globale dell’Unione Europea, promossa dalla Mogherini, dopo questi anni di attuazione.

“Era un periodo particolare quello in cui presentai l’European Union Global Strategy al parlamento europeo, perché era appena avvenuto il referendum sulla Brexit. Molti dicevano che avremmo dovuto ritardare la presentazione della strategia globale poiché tutti sarebbero stati presi dalle problematiche interne all’UE, ma proprio in un momento di crisi interna, è stato giusto proiettarsi sull’azione esterna. I cittadini si aspettavano e si aspettano un’UE che sia capace di agire insieme nel mondo. Nessun paese europeo da solo ha un vero impatto sulla scena globale, per questo la strategia globale contiene delle linee guida d’azione comune. Posso dire di essere soddisfatta perché i principi fondamentali di quella strategia non sono stati soltanto adottati a parole, ma anche messi in pratica. C’è stato uno sforzo per coordinare le politiche esterne ed interne, ad esempio l’immigrazione non era minimamente contemplata in quanto politica esterna. Abbiamo perciò sviluppato un’azione esterna su un tema tradizionalmente inteso come interno. Abbiamo anche lavorato molto sul commercio, sugli investimenti economici in settori strategici, contro il terrorismo. Abbiamo cercato di unire i puntini, in modo che le politiche esterne e interne fossero armonizzate. Posso dire di essere soddisfatta.

Ci sono nuove sfide: all’epoca la pandemia non era nel nostro radar, anche se avevamo segnalato la necessità di lavorare nel settore sanitario. È chiaro che ci vuole una revisione. Gli stati membri hanno confermato che la Strategia Globale resta il loro principale documento strategico, ma hanno deciso di affiancarvi un altro strumento chiamato “Bussola Strategica” che cercherà, nei prossimi mesi, di definire una comune percezione e comprensione a livello europeo di quali sono le sfide, i rischi e i pericoli da affrontare.”

La discussione si sposta su un tema caldo, quello della relazione dell’UE con il triangolo Russia, USA e Cina. Con Biden molte cose son cambiate, ma ci sono ancora punti di dissenso. Come si colloca l’Europa in questo contesto?

“Sulla Russia, tra gli Stati Uniti e Unione Europea c’è una convergenza totale. Con la presidenza Trump ci sono stati alti e bassi, ma ora c’è un’analisi condivisa fra UE e USA sulla Russia e le situazioni connesse, cioè i rapporti con Ucraina e Bielorussia. C’è anche un coordinamento di azioni: è molto importante la scelta di Biden di fare una visita in UE per il G7, è un segnale fortissimo che mancava da un po’ di tempo.

Sulla Cina la situazione è diversa: l’amministrazione di Biden ha mantenuto nei confronti della Cina un tono più assertivo rispetto a quello tenuto dall’UE, anche se ci sono alcune aperture. Hanno interesse a sviluppare una relazione con la Cina che credo potrà assomigliare a quella che l’UE ha sviluppato negli ultimi anni, cioè una relazione complessa e articolata. Su alcuni temi c’è una forte cooperazione fra UE e Cina, ad esempio sul fronte del cambiamento climatico o nell’ambito delle Nazioni Unite. Su alcuni altri settori c’è una forte competizione, ad esempio su quello del commercio e degli investimenti. Su altri temi l’UE definisce la Cina un “rivale sistemico”, lo afferma con toni duri quanto quegli americani: sono settori relativi allo stato di diritto, diritti umani e democrazia. In definitiva, l’amministrazione Biden sta andando in una direzione simile a quella dell’UE nei confronti della Cina, che non è bianca o nera ma molto articolata e complessa.”

Interviene poi Michelangelo, Junior Expert del Punto Europa di Forlì, chiedendo quale possa essere l’impatto della pandemia sulle politiche di sicurezza in Europa.

“Abbiamo visto in questo ultimo anno qualcosa di molto importante, oltre a qualcosa di molto drammatico per tutti noi. L’UE tradizionalmente cambia in momenti di crisi, è sempre stato così. Ho la netta impressione che la pandemia abbia posto ai paesi membri un dilemma difficile: interpretiamo il ruolo dell’UE alla lettera, pensando che la sua competenza si fermi dove i trattati la indicano, oppure è necessario capire quali sono le urgenze dei cittadini europei e provare a interpretare in modo creativo il ruolo sovranazionale dell’Unione Europea? Al momento dello scoppiare della pandemia, all’UE è stato chiesto di fare due cose: reagire con delle competenze che non erano istituzionalmente sue (l’Unione Europea non ha competenze in materie sanitarie) attraverso solidarietà fra stati e i vaccini e introdurre il recovery plan con un meccanismo assolutamente innovativo. Questa è stata una cosa dirompente, che entrerà nella conferenza sul futuro dell’Europa in modo determinante.”

Chiara, l’altra Junior Expert, si sposta su altri temi, più precisamente sul requisito dell’unanimità richiesta per adottare qualsiasi azione vincolante e di come questo sia un grande ostacolo che rallenta il ruolo dell’UE in ambito internazionale. Uno dei possibili rimedi a questo problema è stato lanciato proprio dalla Mogherini, lo strumento di Cooperazione Strutturata Permanente, che permette anche a un gruppo ristretto di stati membri di cooperare in materia di difesa e che può essere adottato a maggioranza qualificata. Ci si chiedeva se non potesse essere questo lo strumento chiave per proporre una maggiore integrazione nell’ambito della politica estera europea, e se magari potesse spiegare meglio come funziona, e se crede che sia lo strumento giusto per il futuro.

“La PESCO (dall’inglese Permanent Structured Cooperation) è stata una delle prime cose su cui ho lavorato all’interno del contesto europeo. Era necessario realizzare tutto il potenziale del trattato di Lisbona in materia di sicurezza e difesa, e ricordo benissimo che i miei futuri colleghi mi dissero: “è un suicidio, sei matta, non succederà mai”. Era l’immagine di un potenziale già presente nei trattati, ma mai utilizzato per mancanza di volontà politica e coraggio. Non è stato tanto importante per sbloccare decisioni che richiedevano l’unanimità: la PESCO, prevedendo collaborazioni ristrette fra gli stati membri, è stata approvata all’unanimità. È stato piuttosto un modo per consentire agli stati membri di introdurre dei progetti anche molto pratici e concreti, ad esempio a dei progetti industriali nel settore della difesa, in maniera più ristretta e rapida. Non è una cosa alternativa all’unanimità, è complementare. È uno strumento molto prezioso soprattutto nel campo delle operazioni militari, su cui ci sono altri articoli del trattato ancora non utilizzati. Questo campo ha fortemente bisogno di progetti. “

L’incontro è stato animato anche dalle numerose ed interessanti domande arrivate dal pubblico. Rosamaria, ad esempio, ha chiesto che impatto ha avuto la Brexit sull’ European Union Global Strategy e la sua pubblicazione.

“Innanzitutto, è stato molto interessante il fatto che il Regno Unito abbia partecipato in modo molto decisivo alla European Union Global Strategy. Molti ministri e diplomatici inglesi erano estremamente frustrati dal fatto che questa politica venisse lanciata nel momento in cui la loro nazione stava per lasciare l’UE. Il settore della politica estera e della difesa è uno dei campi in cui la cooperazione fra Unione Europea e Regno unito può avvenire in modo non conflittuale, anzi può essere molto utile. Anche dopo il referendum l’UK ha votato all’unanimità tutte le decisioni sulla Global Strategy e ha collaborato coi paesi dell’UE che fanno parte del consiglio di sicurezza ONU. La Gran Bretagna ha continuato a cooperare e credo che questo possa continuare una volta evaporate le difficoltà e le retoriche di questi mesi. Nella sostanza credo che non ci siano difficoltà a immaginare una cooperazione molto stretta sul campo della politica estera e sicurezza. Sulla presentazione della Global Strategy c’è stato un momento di difficoltà, era previsto che venisse presentata a fine giugno 2016 e pochi giorni prima la Gran Bretagna ha deciso di uscire, e molti hanno detto di rimandare. E invece secondo me era utile che andassimo avanti, Cameron fu perfettamente d’accordo. L’obiettivo era quello di dare un senso di unità.”

Elena invece chiede dei consigli agli studenti per quanto riguarda le carriere europee
“Il mio consiglio è quello di interessarsi all’Europa, si può essere contenti, frustrati, scontenti con le decisioni dell’Unione Europea ma comunque dobbiamo fare un esercizio di cittadinanza, fondamentale a tutti i livelli della comunità (comunale, nazionale, europeo). Bisognerebbe aggiungere il livello europeo alla nostra analisi: affermare di essere antieuropeo non ha molto senso poiché l’UE può prendere delle decisioni discordanti fra di loro, così come una politica nazionale. Si può essere a favore o meno di una certa politica che l’UE adotta, ma l’UE in quanto tale può prendere diverse decisioni. È dunque fondamentale partecipare.

Il secondo consiglio è quello di studiare l’Europa, la sua storia, le sue istituzioni, le sue leggi, la sua economia, il suo funzionamento istituzionale. C’è una complessità non indifferente. Venire al Collegio d’Europa sarebbe molto utile, apre molte prospettive di carriera. Dentro le sezioni europee c’è bisogno di capire quali sono le basi legali: nelle riunioni UE che sono l’equivalente del Consiglio dei ministri nazionale ogni commissario ha di fronte a sé i trattati europei, che si consultano spesso. Si può anche iniziare a praticare la politica europea, ci sono diverse istituzioni predisposte a farlo. Faccio un piccolo sipario di promozione per il Collegio d’Europa: qualche mese fa è uscito uno studio che rappresenta questa realtà, cioè il fatto che moltissimi funzionari europei sono passati da questo Collegio.

Bisogna vivere l’Europa e praticarla, attraverso organizzazioni giovanili, associazioni culturali. Non è difficile entrare in contatto con movimenti giovanili studenteschi europei. Esistono i giovani federalisti, esiste l’European Youth Forum. Io ho conosciuto l’UE in quest’ultimo modo, lì ho capito il funzionamento delle istituzioni. Fate un lavoro di connessione sociale in parallelo allo studio, crea una rete di conoscenze che fa capire la realtà delle istituzioni ed è molto divertente.”

Si conclude così questa stagione di Europa sul Sofà. Il Punto Europa di Forlì continuerà a seguire lo svolgimento della Conferenza sul futuro dell’Europa sui propri canali.

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