Rivoluzione Clubhouse: che cosa è, come funziona

Anche in Italia è sbarcata l’applicazione basata su dialoghi e conversazioni. Per pochi, non per tutti. 

Gli amanti dei messaggi vocali probabilmente saranno entusiasti dell’arrivo di Clubhouse, una nuova applicazione che pare stia spopolando anche nel Bel Paese. 
In un mondo saturato di immagini, di selfie fatti con il ringlight, di Instagram Stories nelle quali viene mostrato l’hamburger pronto per essere addentato a pranzo, è arrivata la svolta: un nuovo social network dove non è importante apparire, saper ballare in maniera coordinata o saper posare come i veri influencer. 
La comunicazione verbale in Clubhouse diventa centrale, è la sua anima e la sua linfa vitale. 
Ma vediamo insieme di cosa si tratta. 

Il trend

Grafico Google Trends inerente alla prova chiave "clubhouse". Dati aggiornati al 4 febbraio 2021
Dati forniti da Google Trends e aggiornati al 4 febbraio 2021

Come possiamo notare dal grafico di Google Trends, le ricerche in Italia con la parola chiave “Clubhouse” sono spopolate negli ultimi giorni. Si tratta di un social network nato ad aprile del 2020 che sta riscuotendo un enorme successo proprio in queste settimane. 
Creato da Paul Davison e Rohan Seth, entrambi ex studenti della Stanford University, ha tutte le carte in regola per poter scalare le vette più alte e diventare estremamente popolare. Lo scorso maggio ha raggiunto 12 milioni di finanziamenti provenienti dalla società di venture capital Andreesen Horowitz; a metà gennaio il fondo ha investito ulteriori 100 milioni di dollari in quest’app a seguito di una valutazione da un valore di 1 miliardo di dollari.

Per il momento Clubhouse si può scaricare in versione beta solo se in possesso di un iPhone, poiché ad oggi è compatibile unicamente con il sistema operativo iOS.
Ma soprattutto ci si può unire a questa community soltanto se muniti di invito, cosa che lo rende ancora più esclusivo, particolare e “per pochi eletti”, fomentando il chiacchiericcio incessante e misterioso di questo nuovo mondo non sperimentato ancora da tutti. 
Persone appartenenti allo star system come Oprah Winfrey, Drake, Kevin Hart, Ashton Kutcher e Chris Rock hanno già effettuato la loro iscrizione al mondo di Clubhouse insieme ad altri 2 milioni di utenti. Lo sbarco di Elon Musk, imprenditore sudafricano e secondo uomo più ricco del mondo, ha chiaramente velocizzato il processo di popolarità, al punto tale che dopo il suo ingresso sulla piattaforma, l’app è balzata al secondo posto tra le più scaricate nell’ultimo periodo.

Qual è il logo distintivo di Clubhouse

Logo di Clubhouse: volto di Bomani X
Logo attuale dell’app Clubhouse

Non appena entriamo su App Store e cerchiamo Clubhouse notiamo l’immagine di un ragazzo giovane con la chitarra in mano. Ma di chi si tratta? Si chiama Bomani X, chitarrista e cantautore americano, oltre che imprenditore digitale, dal momento che ha fondato Lit.Spins, un servizio innovativo che spedisce libri associati a vinili, e New Perspectives Party, network che crea concerti domestici. 
Ma perché proprio lui è finito ad essere il volto principale di quest’app rivoluzionaria? Perché questa nuova startup ha deciso di non affidarsi a loghi riconoscibili e identificanti, ma vuole inserire visi influenti all’interno di questo mondo che ha tutta l’aria di essere privato ed esclusivo. Proprio così, perché Bomani X è uno speaker del CottonClub, una stanza molto seguita e popolare su Clubhouse.
Prima di lui, però, c’era il volto di Julie Wenah accanto al nome dell’app. Avvocato e artista di hip hop, è un’assidua frequentatrice e speaker di Clubhouse, con un ampio seguito di ascoltatori. 

Il volto di Julie Wenah era l'icona di Clubhouse prima di Bomani X
Il volto di Julie Wenah rappresentava il logo di Clubhouse prima di Bomani X

Già da queste cose capiamo che Clubhouse è differente. È fresco, porta una ventata di novità, non possiede un logo distintivo, cosa che può destabilizzare gli utenti. Siamo abituati ad associare ogni applicazione a simboli, immagini; pensiamo a quanto ci siamo sentiti frastornati quando Instagram ha cambiato la propria icona di macchina fotografica ad un mero disegno astratto sui toni del rosa e fucsia. 
Ma Clubhouse è pronto a infrangere tutte le regole e a crearne di nuove.

Come funziona

La grafica è semplice e intuitiva. Come abbiamo già detto, si può entrare solo su invito e se in possesso di un mobile Apple. 
Primo step da compiere, è la creazione di un nickname e di un profilo, al quale associare un’immagine e indicare le proprie passioni, cosicché da permettere all’algoritmo di selezionare conversazioni che possono essere rilevanti e adatte alle nostre esigenze.
Esistono, infatti, diverse stanze, suggerite in base ai propri interessi, ma è possibile visualizzare anche tutte quelle esistenti su Clubhouse. In ognuna di queste, troviamo all’interno uno o più moderatori, ovvero i creatori di queste rooms, che si trovano su uno stage virtuale. Essi discutono di qualsiasi argomento a loro piacimento, e in basso troviamo la platea di ascoltatori, che hanno diverse possibilità: o abbandonare la stanza in maniera discreta, senza farsi notare e senza dover lasciare messaggi particolari (non esistono, infatti, chat per interagire con gli altri utenti), oppure possono invitare altri speaker ad unirsi alle conversazioni o, infine, “alzare la mano” per chiedere la parola al moderatore e poter intervenire. 
Clubhouse è una sorta di live podcast, dove ci si può unire a conversazioni, ascoltare diverse tematiche e argomenti, dalla musica alla politica, ma anche interagire e dire la propria opinione. 

La sensazione primaria è quella di una maggior “educazione” rispetto ai social a cui siamo avvezzi: siamo abituati a commenti scritti velocemente, a leoni da tastiera, a parole che bruciano e che possono essere travisate e interpretate nella maniera sbagliata. La voce, invece, fa trasparire sfumature che, normalmente, i commenti appiattiscono. La voce fa intendere tante cose, è uno strumento potente e chiarificatore, immediato, oltre che intimo e “umano”. 

Critiche

Clubhouse non registra le conversazioni: è completamente live, una volta concluso il dialogo di una stanza condiviso in streaming, non è possibile ritrovarlo e ascoltarlo in un secondo momento. 
Ma è davvero così? Pare proprio di no. Le critiche maggiori, infatti, sono proprio riferite alla tutela dei dati personali. In primis, da quanto si evince dall’informativa della privacy, le sessioni audio vengono memorizzate ogniqualvolta viene indicata una violazione dei termini di servizio da un utente durante la riproduzione in diretta. In tal modo, la conversazione viene mantenuta per un tempo indefinito, a discrezione dell’applicazione.
Ma non solo: nonostante Clubhouse abbia una portata globale, non viene indicato nessun rappresentante sul territorio europeo e nell’informativa possiamo leggere testuali parole: 

You use the Service at your own risk. We implement commercially reasonable technical, administrative, and organizational measures to protect Personal Data.”

Deduciamo così che l’utente utilizza il servizio “a proprio rischio e pericolo” dal momento che l’azienda “implementa solamente le misure tecniche commercialmente ragionevoli per la protezione dei dati personali”. 
Infine, in un momento in cui palpiamo gli effetti spregevoli e provocatori che i social network possono avere sulla popolazione, in particolare quella minorile, Clubhouse non verifica l’età minima degli utenti, facendo così potenzialmente incappare degli under 18 in conversazioni e contenuti che potrebbero essere non adatti alla loro età. 

Clubhouse nel futuro

Il social network è ancora in fase di collaudo, in un futuro incerto come questo non sappiamo proprio cosa aspettarci. 
Passeremo il nostro tempo libero in live rooms? L’applicazione riuscirà ad entrare nelle vite, anzi, nelle orecchie degli italiani o si limiterà ad essere un fenomeno di nicchia per comunicatori e innovatori?
Sicuramente, nel futuro prossimo, si lavorerà per ampliare la portata del pubblico e renderla disponibile anche agli utenti Android e sappiamo che Clubhouse sta studiando misure tali da consentire ai moderatori delle rooms di monetizzare dalle conversazioni attraverso la vendita di biglietti per accedere alle stanze o abbonamenti a canali personali. 
Mark Zuckerberg metterà lo zampino anche su questa innovazione, così come ha fatto per Whatsapp, o si limiterà alla guerra come per Snapchat, clonando l’idea delle stories e implementandole su Instagram? 
Attualmente Clubhouse sta riscuotendo un enorme successo, e si sa, tutto ciò che funziona poi è destinato ad essere copiato. 
Per il momento restiamo a guardare, anzi, ad “ascoltare”.

A cura di 
Carlotta Papa

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